almost CURATORS è lieto di segnalare Slaps-Pourri.2, evento presentato da Studiolo Laps e dedicato all’idea del confronto, della fusione e della confusione tra elettronica, sperimentazione, improvvisazione, noise.
Due le formazioni della serata, Les Mistons e Frei, che proporranno un lavoro in quadrifonia: un cerchio di altoparlanti accoglierà il pubblico che sarà interamente immerso nel suono. L’appuntamento è per venerdì 20 maggio 2016 alle ore 20.30 presso artQ13 a Roma.
Abbiamo intervistato Francesco Bianco, membro del direttivo dell’etichetta Studiolo Laps, un laboratorio creativo che basa la propria azione sulla collaborazione…
Qual è la tua formazione?
Mi sono formato musicalmente attraverso strade molto diverse. Gli anni di studio sono stati tanti, in Musicologia in università e in Musica elettronica al Conservatorio. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con insegnati eccezionali, con i quali ho potuto crescere musicalmente, soprattutto al Conservatorio. Ma ciò che incide molto sul mio modo di vedere e fare musica sono certamente le esperienze concrete che ho avuto ed ho nel suonare. Come tanti, ho iniziato a suonare nel gruppetto di amici in età molto giovane. Da lì non mi sono più fermato e col tempo ho poi capito che ciò che ho imparato in quel momento, insieme allo spirito di avventura e alla curiosità nello spingersi nella conoscenza di sé stessi, sono stati essenziale per tutto ciò che poi ho fatto.
Sei membro del direttivo dell’etichetta Studiolo Laps, ci racconti come è nato e si è poi sviluppato questo progetto?
Studiolo Laps nasce dalle estrose menti di Remo De Vico e Alessandro Rizzo ai quali mi aggiungo poco dopo la fondazione dell’etichetta. Dare voce a ciò che di non convenzionale esiste intorno a noi era ed è uno degli obbiettivi fondamentali: creare un’alternativa alle logiche di produzione e distribuzione industriali e standardizzate della musica. Perciò dentro Studiolo Laps ci sono tante voci, tanti compositori diversi tra loro. Le attività che nascono in seno all’etichetta sono diverse: la Slaps orchestra, orchestra sperimentale multiforme e cangiante; Il silenzio del rumore, trasmissione radiofonica andata in onda su Radio Ciroma; gli eventi dal vivo, come Slaps-pourri, necessità impostasi per uscire dal virtuale e confrontarsi con il mondo. In Slaps-pourri.2, evento che presenteremo ad artQ13 il 20 maggio, ci saranno due formazioni i Frei e Les Mistons, entrambi pubblicati da Studiolo Laps. Le loro musiche si pongono al confine fra le ricerche della musica d’avanguardia e i linguaggi delle realtà underground.
In quanto musicista e compositore su cosa si è incentrata la tua ricerca negli ultimi anni?
Insieme agli studi sul suono e sulla produzione di questo, tra gli altri, il tema che si è esplicitato nelle mie creazioni e nelle mie riflessioni è la condizione dell’uomo nella società mediatica, quindi la nostra società ai giorni nostri. Ho cercato di indagare come sia possibile mutuare i concetti della teoria dell’informazione e applicarli al discorso musicale al fine di ricreare un “ambiente comunicazionale” nel quale controllare i messaggi. Quindi, lo studio del messaggio e di come questo si muove, come viene trasferito o meno, è posto alla base di diversi miei lavori. Questo studio scaturisce dalla fortissima necessità di essere nella società e di cercare di scoprirne e reinterpretarne qualche aspetto, uno dei quali, quello di cui parliamo, a me sembra essere di fondamentale importanza: ogni individuo viene sottoposto ad una quantità indefinibile di messaggi rispetto alla quale difficilmente riesce a districarsi e a cogliere il messaggio reale, di fondo e, soprattutto, altrettanto faticosamente si riesce a realizzare una interpretazione e interiorizzazione di ciò che ci viene comunicato. Tutto viene omologato in un flusso continuo di informazioni all’interno del quale è difficile distinguere cosa sia utile e cosa meno, cosa sia reale e cosa artefatto, difficilmente si sfugge ad una omologazione, quindi, del pensiero e della persona, anche lì dove si pensa di essere alternativi ad una cultura di massa. L’intento poetico rimane, quindi, quello di mettere l’ascoltatore di fronte al sé stesso della realtà, ricreare un “ambiente comunicazionale” simile a quello della quotidianità e mettere lo stesso ascoltatore in confronto con una reinterpretazione della realtà, reinterpretazione dentro la quale egli stesso può accorgersi di avere il potere di interpretare e agire scoprendo sé stesso e la sua funzione di individuo nella società.
Che significato ha e che valore ha per te lavorare in gruppo? Quali strade o opportunità di ricerca crea?
Lavorare in gruppo è una delle esperienze che non solo ogni artista, ma ogni persona dovrebbe fare nella propria vita. Il confronto con gli altri è sempre una miniera di nuove scoperte in quanto il fatto stesso di essere persone diverse porta a valutare una stessa cosa in maniera differente: se dalla nostra posizione non riusciamo a vedere qualcosa che ci è negato da un ostacolo per noi insormontabile l’aiuto di un’altra persona, che gode di un’altro punto di vista, potrà portarci a vedere quella cosa. Inoltre lavorare in gruppo è già un primo passo per andare al di fuori della ormai diffusa autoreferenzialità di cui spesso l’arte stessa è vittima.
Volgendo lo sguardo verso l’esterno, nonostante le molte difficoltà dovute alle vicende legate alla politica internazionale cosa credi resti ancora dei concetti di comunità e condivisione?
Mi sembra che nella nostra società nessuno abbia pietà di nessuno. Ognuno corre dritto come un treno testardo seguendo la sua strada e cercando a tutti i costi di non fermarsi. Fermarsi vuol dire riflettere, sentire, parlare, ascoltare. Ma non abbiamo più il tempo di fare queste cose e forse non ne abbiamo neanche la voglia o addirittura la capacità. Non è la sede per scendere nei particolari di ciò che accade ad un livello internazionale. Basti ricordare lo sbando in cui versa la nostra Europa sotto i profili sociale, economico, politico, la crescita delle posizioni xenofobe dai governi europei a molti altri nel resto del mondo, il sempre fiorente commercio di armi, l’ambiguità di un occidente che prima porta i disordini e poi i soldati per normalizzare i conflitti. Come normalizzati sono i nostri sentimenti, appiattite le nostre emozioni, superficiali le nostre riflessioni, tutto ciò che ci permette di essere umani e di vivere come comunità, viene tagliato, alleggerito, neutralizzato dall’ennesima pubblicità che spezza, insieme al film, la nostra emozione che lo stava seguendo.
SLAPS-POURRI.2
artQ13, via Nicola Coviello 15, 00165 Roma
venerdì 20 maggio, ore 20.30
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