In un alternarsi e fondersi tra installazione, teatro sperimentale e parola poetica, il percorso artistico di Domenico Mennillo ha origine circa vent’anni fa, quando ha iniziato a scrivere poesia:
«la domanda principale che mi ponevo era come potesse oggi (r)esistere la poesia, quali i suoi eventuali sviluppi, le sue metamorfosi; l’arte, e in maniera particolare le avanguardie storiche avevano affrontato già questa questione con soluzioni brillanti, avveniristiche e affascinanti. Molti dei protagonisti di quella stagione irripetibile nascevano poeti e letterati (Breton, Marinetti, Tzara, tanto per fare qualche nome), per poi aprire le loro poetiche alla vita stessa, portando la loro poesia a diventare vita stessa, ad invaderla con prospettive inedite. Di qui mi sembrava naturale, parlando di vita, di azione, coinvolgere poi quella parte del teatro contemporaneo interessato a pratiche performative e installative».
Nonostante ogni lavoro presenti una dinamica legata alla volontà di un «presente tirannico» sempre diverso, è nello spazio che Domenico riesce a fondere le varie esigenze del suo lavoro in una dimensione univoca e dare inizio alla sua nascita.
Ed è proprio in uno spazio definito – quali quelli offertigli dalla Fondazione Morra nel settecentesco Palazzo Bagnara, situato nel centro storico di Napoli – che Mennillo ha allestito, tra la fine del 2011 e gli inizi del 2012, l’Atlante della Fertilità.
«Iniziai a scrivere a Napoli un poema su una città occidentale, descrivendone abitudini e modalità di vita, versi che nascevano ogni mattino appena sveglio. Un abbozzo quasi ogni mattina. Terminato il poema e convinto che l’operazione dovesse esaurirsi nel compimento dell’atto di scrittura, pensai di aggiungere una parte visiva al poema stesso. Iniziai questo lavoro visivo a New York, nell’autunno successivo alla fine della stesura dello scritto. Fotografie, carte, cartoni, disegni abbozzati su quadernetti, libri prelevati in mercatini dell’usato, oggetti prelevati per strada, materiali che pensai di usare per fare collage; tornato in Italia, con i collage abbozzati a New York, compresi che il lavoro poetico dell’Atlante poteva proseguire anche oltre i collage e che anzi avrebbe potuto avere risvolti installativi e sonori». Di lì la naturale esigenza di allestire di un proprio Atlante, consapevolmente ispirato al precedente warburghiano L’atlante della memoria, in uno spazio fisico “sensuale” di Napoli. Lo spazio fisico sensuale di cui parla Mennillo è ovviamente uno spazio sensoriale, una dimensione dedicata alla sperimentazione delle sensazioni fisiche e che ha origine dai sensi, dove la commistione tra lo spazio, la parola e il suono viene sperimentata creativamente dall’artista e percettivamente dal fruitore.
L’esigenza di creare un sistema di ricordo e classificazione della memoria nasce dall’idea che «memoria è ciò su cui si fonda il nostro pensiero, una memoria concepita per immagini affettive». Creando uno spazio sensuale fatto di suoni, odori e soprattutto immagini, Mennillo dona la possibilità a chi visitava l’Atlante di incontrare una serie di combinazioni di immagini di tre città simbolo della decadenza occidentale, Napoli, Parigi, New York: «il vissuto di quelle immagini erano le mie, ma i simboli e le immagini visibili erano patrimonio che facilmente poteva essere afferrato ed incontrato da chi vagava negli spazi installati, a contatto con le sollecitazioni-pensiero della propria memoria».
È proprio il ruolo di capitali della cultura occidentale oggi decadute che ha permesso all’artista di accomunare le città di Napoli, Parigi, New York nel suo Atlante. Questo lavoro, infatti, nell’articolazione fra pensiero e parola poetica – dove l’immagine svolge un ruolo determinante – scava nella memoria per far emergere la decadenza e l’oblio del nostro tempo: «l’immagine, il suo lento oblio-dimenticanza nel singolo è ciò su cui puntano i poteri forti e le economie ad esse collegate, le loro attenzioni e cure sono spesso rivolte a quei processi anche sottilissimi di evaporazione e formazione di un pensiero che nasce da un’immagine».
La realizzazione dell’Atlante ha impegnato Domenico per un lungo periodo (dal 2008 al 2011) durante il quale ha avuto la possibilità di ricercare il già noto e l’inedito attraverso le innumerevoli combinazioni visive e sonore che i luoghi prescelti potevano offrigli, e di confrontarsi con le tre figure cardine di Giordano Bruno, Abi Warburg e Charles Baudelaire su cui tutto il lavoro è imperniato.
Il percorso espositivo, infatti, articolato in tre ambienti, vedeva la prima sala si ispirata all’Addiition de la troisième édition des Fleures du Mal di Charles Baudelaire: i disegni su carta, che illustravano e ampliavano i testi baudelairiani, si rifacevano alle incisioni che Giordano Bruno utilizzava per chiarire i suoi scritti filosofici. «Baudelaire resta un autore per me molto importante (e credo non solo per me); ogni sua parola, dai versi o dai piccoli frammenti di progetti incompiuti si celano tesori ai quali l’intero novecento ha prestato attenzione per comprendere le contraddizioni e i risvolti determinanti dell’intera modernità».
La seconda sala accoglieva una “biblioteca infinita” o “biblioteca dell’infinito”, che rievocava concettualmente quella del Warburg Institute di Amburgo. Mentre il terzo spazio ospitava un’installazione-sonorizzazione di una parte dell’inedito poema Atlante della Fertilità, realizzata con proiettori in superotto e macchine analogiche degli anni settanta (progetto realizzato dall’artista in collaborazione con il compositore e musicista Nino Bruno).
Domenico Mennillo esporrà nuovamente a Napoli il prossimo dicembre, nelle sale del Museo Nitsch, con la mostra Alcune Architetture di Napoli 2003-2013 – Il teatro di lunGrabbe nelle architetture napoletane: una retrospettiva per celebrare i dieci anni di attività di lunGrabbe a Napoli.
Il teatro di lunGrabbe, fondato da Domenico Mennillo e Rosaria Castiglione nel 2001, incentrato sul binomio architettura-teatro ed imperniato sui testi dello stesso Mennillo, adopera soluzioni spaziali sempre diverse e privilegia l’azione performativa all’azione simulativa del teatro di rappresentazione. Nel lavoro di questi anni, ampio spazio è stato dato anche al cinema con film e video relativi alle performance e ai poemi-concerto, quest’ultimi incentrati su versi e strumenti acustici ed elettronici, sono stati anch’essi messi in scena quasi sempre fuori dal teatro.
Related Posts
« Book@rt – Luigi Ghirri, Lezioni di fotografia Dan Witz – Public and Confidential @ Wunderkammern »