Il disvelamento di più mondi che sulla terra convivono, nei quali si riconosce un particolare punto di attrazione che diviene il principio e l’origine della trasformazione messa in atto dall’azione artistica. E’ questo il fulcro del lavoro di Anna Franceschini, artista italiana, classe 1979, che oggi vive e lavora tra Amsterdam e Milano.
Franceschini lavora da sempre con il video; l’esplorazione dello spazio attraverso l’obiettivo della macchina da presa le permette una destrutturazione da un punto visivo intercettato, grazie alla quale riesce a mostrare nuovi mondi, nuove possibilità visive, interpretative ed emotive. La scoperta di nuovi mondi attraverso la frammentazione di ciò che è visibile ai più è vissuto come un viaggio nella propria intimità, nei propri ricordi, nella propria memoria. Il frammento attira Franceschini di più per la sua funzione significante, che per il suo significato: “Il frammento ha per me una funzione parallela a quella dell’aneddoto, un piccolo dispositivo che aiuta la memoria a stabilirsi, a fluire e a riempire tutte le pieghe”.
Osservando le opere di Franceschini si ha la sensazione che ogni lavoro nasca da un incontro con luoghi, oggetti e persone, sublimati in un lavoro finale e omogeneo. L’individuazione del soggetto da riprendere non comporta una scelta – azione vissuta dall’artista come un atto luttuoso e pieno di dolore – ma si sviluppa come una sorta di approccio metodico e consapevole alla ricerca di un ordine fluido: “Scegliere comporta un restringimento di campo, la chiusura di un orizzonte e la perdita di quel tipo di felicità che si prova, a volte, di fronte agli universi in potenza, all’infinito della possibilità. Cerco di non scegliere, ma di ordinare, di andare avanti in maniera coscienziosa, pezzo per pezzo, continuando a pensare che gli incontri saranno infiniti, le situazioni innumerevoli, le svolte molteplici”.
La figura umana – tranne in alcuni lavori come Pattini d’argento (2007) o Casa Verdi (2008) – non è quasi mai presente nei video prodotti, come se fossero gli oggetti a prevalere. Ed è grazie alle qualità ‘attivante’ di tali oggetti – “per oggetti intendo una pletora di ‘cose': situazioni, luoghi, interazioni, manufatti e anche esseri viventi” – che si instaura un rapporto tra l’artista e l’esterno, relazione probabilmente coadiuvata anche da esperienze pregresse, più o meno consce, più o meno lontane nel tempo.
È probabilmente in video come It’s about light and death (2011) o The siberian girl (2012), che questo rapporto evocativo con gli oggetti si concretizza in modo più chiaro e profondo. Entrambe i lavori, infatti, prendono vita da una collezione di oggetti, il concetto di collezione al pari del montaggio unisce insieme per giustapposizione elementi frammentati (oggetti da una parte, sequenze di scene dall’altra). In questo caso Franceschini interviene su gruppi di oggetti raccolti insieme, non per sezionarli attraverso la ripresa, ma svelandone un nuovo e più intimo potere narrativo, in un dinamico e fluido divenire, con una tensione sempre positiva, evolutiva.
Anna Franceschini si è laureata in Televisione, cinema e produzione multimediale presso l’Università IULM di Milano; la sua formazione in studi cinematografici, pur non essendo fondamentale per capire il percorso intrapreso, spiega la volontà nel volersi confrontare con il linguaggio cinematografico, piegando la grammatica e la sintassi del cinema al proprio volere.
I lavori dei primi anni, infatti, rivelano in modo più evidente quest’impronta “cinematografica”, oggetti e persone sono parte di un racconto. È con Untitled (Almost Lost) (2009) che l’autrice sembra compiere una svolta, oltre ad usare il Super8 trova un nuovo processo narrativo, che si concretizza in lavori che hanno una potenzialità più astratta ma al contempo più evocativa, come se il video si trasformasse in una tela in movimento.
Dal 2010 lavora prevalentemente in Super8 e 16mm, producendo immagini che possono risultare a volte sporche o sature, ma dalla resa ineguagliabile, grazie alla quantità di informazioni che la pellicola riesce a trattenere. “Mi piace il rapporto che si ha con la pellicola quando si gira: si crea una tensione, perché ogni spreco (di denaro, di tempo, di occasioni) è fatale, quindi c’è un livello di attenzione più alto, c’è effettivamente una trasformazione chimico-fisica della materia, e questo è interessante. Ma gli stock di pellicola stanno finendo in tutto il mondo”. L’utilizzo del Super8 e della 16mm è coadiuvato inoltre da lavori di breve durata.
Il video per sua natura è un’opera d’arte nella quale l’artista ha la possibilità di definire la durata della fruizione, imponendo un tempo minimo che è quello della visione del video completo, di solito i lavori di Franceschini hanno una durata media di 5/6 minuti, e vengono proiettati in loop. Nelle sue opere potremmo definire questo tempo in parte casualmente determinato dalle scelte che ogni singolo lavoro impone, ed in parte stabilito da una considerazione che Anna stessa definisce “comparativa – più che stilistica – tra la fruizione di un film in sala e quello di uno o più film, o video, in uno spazio dedicato all’arte”.
La consapevolezza della tecnica e la ricerca poetica si fondono nei video di Anna Franceschini creando opere uniche, che si emancipano dalla staticità dello schermo imprimendosi sulla retina e coinvolgendo i sensi grazie al loro forte porte evocativo.
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